Lukács: in cammino verso l’ontologia – a cura di Guido Oldrini, Nicolas Tertulian e Ester Vaisman

PRESENTAZIONE

Un fascicolo collettaneo incentrato sulla figura del filosofo marxista ungherese György Lukács (1885-1971) non è davvero un avvenimento comune nella letteratura filosofica di oggi. Presso gli ambienti intellettuali di (quasi) tutto il mondo vige oggi un clima di tale ostilità nei confronti del marxismo e di tale disinteresse e trascuranza nei confronti personali di Lukács che le conseguenze storiografiche lasciano senza fiato. Anche soltanto passando in rassegna e scorrendo dal di fuori le monografie o i lavori a più mani, di qualsiasi provenienza, intesi a illustrare il panorama dei «filosofi del Novecento», si constata subito che tra questi filosofi il nome di Lukács solitamente manca. Manca nei panorami generali, manca altresì in quelli specialistici, dove ci si occupa, a esempio, di estetica, etica, ontologia, temi in Lukács centralissimi. Non molto migliore la situazione presso i marxisti. I pochi gruppi di studio marxisti tuttora attivi nel mondo guardano di preferenza a figure come Rosa Luxemburg, Gramsci, Althusser, piuttosto che a Lukács; o se, in sottordine, prendono in considerazione Lukács, lo fanno perlopiù con riguardo alla sua fase giovanile, sia premarxista che protomarxista, quest’ultima spacciata in genere sotto la formula – poco corrispondente ai fatti – di «marxismo occidentale».

Prima che sbagliato, questo atteggiamento a noi sembra semplicemente assurdo, e proprio sotto il profilo della storia del pensiero. Gramsci e Lukács stanno in prima fila insieme, tra gli intellettuali del Novecento, nella difesa e nella valorizzazione dello statuto teorico del marxi- smo, ossia dei principi fondanti del marxismo in quanto teoria. Entrambi reagiscono con eguale energia, sebbene indipendentemente l’uno dall’altro, agli sfiguramenti intervenuti nella dottrina marxista durante il periodo della II Internazionale (economicismo, determinismo, cedimento a compromessi eclettici); entrambi lavorano a una reimpostazione in senso completamente nuovo di ciò che vale come autentico retaggio dell’insegnamento dei classici del marxismo. La loro forza di pensatori deriva principalmente da lì.

Di gran rilievo, a sua volta, il retaggio che – insieme con quello di Gramsci, dalla letteratura critica già studiato così a fondo – ci lascia lo stesso Lukács. Come intellettuale militante, egli ha lavorato a fondo sui problemi della storia della filosofia moderna e contemporanea, sulla storia della letteratura classica, sull’apporto teorico del marxismo a discipline quali l’estetica, l’etica, l’ontologia, e ciò sia in libri di grande spessore, sia in una miriade di saggi di tale consistenza, da venir poi anch’essi raccolti in libri unitari autonomi, elevandosi così di fatto al rango di una probante ricerca storiografica.

Dove il suo retaggio si staglia con più nitore e acquista per noi maggiore rilevanza è natu- ralmente a proposito della fase ultima della sua attività, quella appunto su cui si concentrano le ricerche del presente fascicolo. Chi ripercorra l’intero arco di problemi in essa dibattuti, e vi rifletta sopra senza prevenzioni, non può non trarne la conclusione che solo con lentezza giun- gono in Lukács a maturazione (segnatamente nel corso dell’ultimo ventennio di vita) i grandi problemi teorici del marxismo; e che solo all’altezza di questa sua maturità, non già con i lavori della fase protomarxista, ci si trova in presenza dell’analisi e dello svisceramento di nuclei tematici che per la storia del marxismo segnano una data incancellabile e nella teoria marxista  sono di rilevanza primaria. Grazie a lui, il marxismo si mostra per la prima volta sotto forma di dottrina unitaria, capace di rispondere secondo principi internamente coerenti, nei diversi campi del sapere, alla specificità dei problemi che quei campi pongono: sempre tenuto conto della doppia limitazione per cui si tratta, con il suo lavoro, in primo luogo solo dei lineamenti generalissimi di una sistematica del sapere, non della sistematica stessa, e in secondo luogo del fatto che anche questa totalizzazione solo tendenziale opera per segmenti lasciati essi stessi incompleti (incompletezza dell’estetica, ontologia limitata all’essere sociale, etica non giunta al di là del suo stato di abbozzo).

Ora, presa nel suo insieme, questa eredità dell’insegnamento di Lukács travalica di gran lunga i confini dell’età che sembrano racchiuderla. Ogni sincero studioso marxista non può che far tesoro, sotto il profilo intellettuale, delle direttive di lavoro da lui tracciate: delle sue durissime contestazioni del marxismo di propaganda, del dogmatismo ideologico, della prassi burocratica del citazionismo incensativo, così come anche, dall’altro lato della medaglia, sulla falsariga del vecchio Engels, delle sue esortazioni in positivo alla ricerca e allo studio. Sulla esigenza di «un lavoro tenace, paziente […], da parte di ogni marxista nel suo campo», Lukács non cessa di battere. Stretto legame tra intellettualità e militanza, inserimento del marxismo nel quadro della storia del sapere, richiamo continuo al principio della sua «eredità culturale», sono queste le direttive cui Lukács non viene mai meno; sono le direttive del suo umanesimo marxista, sbandierate sino alla fine come un vessillo.

Certo il presente fascicolo celebra e discute il pensatore in una situazione storica per lui massimamente sfavorevole. Ma la sfavorevolezza della situazione non ne compromette in alcun modo la «fisionomia intellettuale» (per usare una locuzione a lui cara), né il penchant ideologi- co delle sue scelte né, tanto meno, la sua valenza di studioso. È quanto noi tutti qui si cerca di mostrare. Per diverse che siano provenienza, formazione, idee e propositi dei singoli collaboratori del fascicolo, tutti condividiamo allo stesso modo – senza il minimo dubbio – la certezza che il tempo renderà a Lukács il posto di prestigio che egli merita nella storia del pensiero: un posto laboriosamente guadagnatosi con il vigore delle sue battaglie e la pregnanza e penetranza dei risultati dei suoi studi.

I curatori